Itinerari Nascosti di Maiori


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Introduzione

Il territorio

La città di Maiori, incastonata al centro della Costa d’Amalfi, è compresa in quell’ampia svasatura con cui termina verso il mare la valle di Tramonti, che prende inizio al valico di Chiunzi. Scendendo dal valico, si trova la località Ponteprimario che segna il confine con il Comune di Tramonti ed è la prima delle borgate alte della città, seguita da Vecite, S. Maria delle Grazie e S. Pietro. All’altezza della chiesa di San Domenico inizia l’aggregato del centro con le due grandi vie principali: Corso Reginna e la via Nuova Principale Chiunzi.

A valle la città è racchiusa in un ampio arco delimitato da due ripiani collinosi Brusario a oriente e Fronzuti o Torina a occidente. I due versanti sono arricchiti dai nuclei abitati di origine medievale: Lazzaro e Lama ad oriente; Campo, Vena, Paie ad occidente. A nord si erge il Castello, fulcro del sistema difensivo cittadino medievale, mentre a sud l’ampia spiaggia si estende per tutto il tratto compreso tra la c.d. Torre Normanna ad est e l’altra detta Torricella o Torre Mezzacapo ad ovest, ai limiti del confine con il Comune di Minori. L’area comunale si estende, poi, verso oriente sulla fascia costiera per una lunghezza di km 9 circa, fino al confine con Cetara, comprendendo, sul versante marino, Capo d’Orso e Erchie e, su quello montano, la vetta del Monte Falerzio su cui sorge il famoso santuario dell’Avvocata.

La storia

In città non si conservano tracce della presenza romana, che non è da escludere, anche perché testimoniata nelle vicine Tramonti e Minori. Lungo il millennio medievale, la storia della città è strettamente legata a quella di Amalfi, vera domina del territorio. A partire dai secoli dopo il Mille assistiamo, per la prima volta, ad una significativa presenza umana sul territorio, con la formazione di una serie di insediamenti pedemontani autonomi, che, col passare del tempo, concorreranno, soprattutto quelli più vicini alla costa, alla formazione del centro di Maiori. Di pari passo si assiste al mutamento del nome, che dapprima comprendeva anche quello del corso d’acqua, Reghinna Maior, e quindi, quando sul dato naturale prevale quello antropico, diventa Maiori.

Con la caduta definitiva di Amalfi, tutte le città della Costa vennero incorporate nel dominio regio, a partire dalla dinastia normanna. Con gli Angioini, re Carlo donò il territorio di Maiori alla moglie e, in seguito, la città, con altri centri della regione, furono infeudati nel 1349 al fiorentino Niccolò Acciaiuoli, molto legato alla corte. In seguito la città seguì le sorti di Amalfi, divenendo feudo degli Orsini e dei Piccolomini fino al 1583, quando tutta la Costa ritornò al dominio regio fino all’eversione della feudalità. La città si amministrò come una Università per tutta l’età moderna e luogo di riunione fu il Sedile, posto nella piazza dell’olmo, al centro della città. La crescita economica determinò un nuovo più importante ruolo per la città nella Costa culminato in un lungo processo di rivendicazione della sede vescovile per la città, purtroppo fallito per l’ostracismo della curia amalfitana. Lungo tutto l’Ottocento la città conserva il suo ruolo di attiva protagonista della vita della Costa, anche dal punto di vista culturale, come dimostra la fioritura di una scuola pittorica e di una significativa produzione storiografica, continuata nel secolo scorso, con la presenza del padre del neorealismo, Roberto Rossellini. La città però continua ad essere funestata da eventi naturali fino al più grave, quello del 1954, in conseguenza del quale iniziò un processo di profondo stravolgimento del tessuto urbano e del patrimonio culturale cittadino, di cui ancora sono visibili i segni nell’aspetto odierno di Maiori.

Origini, forma e sviluppo della città

La città di Maiori presenta sicuramente delle peculiarità rispetto agli altri insediamenti della costa d’Amalfi. Tra i siti costieri dell’area esso appare come il più favorevole; infatti, ha un ampio litorale, rispetto alle gole, più o meno strette, dove sorgono i centri di Amalfi, Minori o Atrani; inoltre esso era l’unico collegato attraverso un percorso, relativamente agevole, al resto del territorio campano, oltre la cortina dei Monti Lattari. Eppure Maiori è stata, tra le città della costa, quella che si è sviluppata e ha assunto le caratteristiche di città più tardi, solo nel pieno medioevo. Ancora nel Seicento, come ci racconta il viaggiatore francese Bouchard (1632), i costaioli non sapevano spiegarsi perché Minori, città e sede vescovile, si chiamasse così a dispetto di Maiori e la spiegazione era un grave delitto dei minoresi, rei di aver ucciso un vescovo e per questo scomunicati dal papa e condannati ad assumere quel nome.

Tuttavia, è proprio la situazione creatasi lungo il millennio medievale a determinare il mancato sviluppo di Maiori: l’ampio litorale era una preda troppo facile per i pericolosi saraceni e proprio la strada che collegava con le pianure campane poteva essere, in quel drammatico periodo, foriero non certo di ricchezza ma solo di scomodi invasori. Maiori quindi per tutto il medioevo non riesce a divenire città ma doveva essere, come, ancora, la confinante Tramonti, un insieme di villaggi arroccati alle pendici dei monti, a debita distanza dal fiume Reginna: non solo Ponteprimario, Vecite, S. Pietro, ancora frazioni isolate, ma anche Campo, Lazzaro, Paie, Campulo ecc., quegli agglomerati cioè, che più tardi si fonderanno a dar vita al centro di Maiori e che per tutto il medioevo, o quasi, dovettero essere entità autonome, ognuna difesa alla bell’e meglio, da un sistema di torri di avvistamento, erette a baluardo di ognuna di queste frazioni (alcune esistono ancora, altre invece sono andate perdute e ne restano testimonianze documentarie).

Possiamo cominciare a parlare di Maiori quale centro, solo a partire dal tardo medioevo, quando la città e il suo ceto mercantile emerge nella strisciante crisi che investe gli altri centri costieri, dove le principali famiglie dell’aristocrazia, abbandonando i commerci, si vanno orientando verso la capitale e la corte. Gli insediamenti sparsi trovano un centro presso il fiume, in una posizione baricentrica tra la costa e i versanti abitati: l’attuale piazza D’Amato dove sorgerà il sedile cittadino, luogo di assemblea dei maioresi, ai piedi della chiesa che a partire dal 1505 sarà collegiata e custodirà la statua di S. Maria a Mare, protettrice della città (non a caso, la chiesa, che in origine aveva la facciata in direzione della contrada Campo, agli inizi dell’Ottocento, subirà un’inversione e finalmente volgerà il suo sguardo non più verso una frazione ma verso l’intera città). Francesco Nelli, amico di Petrarca e segretario di Niccolò Acciaiuoli, fiorentino vicino alla corte angioina e feudatario di Maiori intorno alla metà del Trecento, nell’invitare il sommo poeta a fondare un Parnaso presso i possedimenti del suo signore, traccia un profilo dei luoghi dietro il quale si scorge il territorio di Maiori ormai città: al centro della valle vi scorre un fiume copioso, vi sono “habitacula splendida”, che quasi per miracolo si reggono ai monti, sulla spiaggia i pescatori stendono le reti, gli orti sono ricchi di ogni ben di Dio, l’aria, pulita e netta, è, a secondo del volere, montana o marina.

La ricchezza dei nuovi mercanti e la volontà di far emergere la propria città porterà ad arricchire le chiese maioresi di opere d’arte e la città diventa un vero e proprio scrigno di tesori dell’arte rinascimentale dell’Europa intera: dai dipinti fiammingheggianti alle cassette eburnee al preziosissimo paliotto d’alabastro (inevasa tuttavia resterà l’insistente richiesta di erigere la città a sede vescovile, decisione osteggiata lungamente dalla curia amalfitana, che alla fine la spunterà). Allo stesso tempo, gli ampi spazi prospicienti il Reginna, dapprima negletti e scarsamente frequentati, divengono, a nord e a sud della piazza del Sedile (poi dell’olmo), il boulevard dove le famiglie dell’aristocrazia mercantile gareggiano nel costruire residenze ampie ed eleganti, tutte abbellite da sontuosi giardini e tracce di questo fasto sono ancora evidenti lungo il corso cittadino. Fioriscono i complessi monastici e la città arriverà a contarne quattro, dislocati a contorno del centro abitato: nella zona occidentale, presso la spiaggia, quello più antico di S. Francesco; a nord, il convento delle clarisse di S. Maria della Pietà e il monastero domenicano del Rosario (il quarto, quello dei Camaldolesi è sull’Avvocata).

Palazzi, conventi e chiese in un rapporto spaziale inedito per la Costa, gli orti e i giardini che intersecano l’abitato, il corso d’acqua, piacevole quando non minaccioso, gli abitati arroccati alle pendici e la fuga prospettica del corso verso le alture di Tramonti, come anche l’ampio litorale racchiuso dalle torri e punteggiato dalla cavità naturale della Grotta dell’Annunziata disegnano l’immagine di una città nuova, moderna che sorprenderà più di un visitatore della Costa.

Come scriveva il francese Frédéric de Mercey, in viaggio da Salerno ad Amalfi intorno al 1840:

L’aspetto di Maiori e dei suoi dintorni è veramente affascinante. Le sue case, di costruzione elegante, che si compongono di archi sovrapposti e mantenute con la pulizia tipica degli inglesi, sono disperse al centro di foreste di vigne, di gelsi, di aranci, di limoni, di cedri e di granati, e di una folla di alberi sempre verdi, carichi di frutti in tutti i tempi. Si direbbe una di quelle città create per l’immaginazione dei poeti, dove ogni casa è circondata da un giardino incantato. Maiori, a differenza delle altre città, è la borgata della costiera che ha il vantaggio di essere costruita, in gran parte, in pianura, di modo che le sue strade sono più spaziose di quelle di Amalfi, Atrani o della stessa Salerno; la maggior parte dei giardini si affaccia sulla strada principale; un grazioso corso d’acqua orla questa bella strada. Si attraversa il ruscello su numerosi ponti tutti bianchi, che danno l’aria di un canale di Venezia. Il rumore, il movimento delle acque correnti, i profumi balsamici dei giardini, i rami dorati dei parchi che pendono a culla sulla strada che essi ombreggiano, fanno, di questa parte della città, una delle passeggiate più piacevoli esistenti al mondo.