Antoine Claude Pasquin - Valery (1827)


 

 

Antoine Claude Pasquin (meglio noto con lo pseudonimo di Valery)

     Antoine Claude Pasquin (meglio noto con lo pseudonimo di Valery) è un erudito viaggiatore francese, bibliotecario del Re presso il Palazzo di Versailles e del Trianon, che intraprende un viaggio storico-letterario per la Penisola negli anni dal 1826-1828, dando vita ad una voluminosa opera ricca di notizie, che costituisce una delle più complete guide artistiche del Bel Paese, che avranno numerose edizioni e ampliamenti nel corso degli anni. La prima edizione è intitolata Voyages historiques et littéraires en Italie pendant les années 1826, 1827, 1828, ou l’Indicateur italien, voll. 5, Paris 1831-1835; abbiamo tratto il testo da un’opera successiva che presenta un itinerario di visita più ampio: Naples et ses environs. Romagne et Abruzzes, Bruxelles 1843.

 
     

     Giunsi ad Amalfi attraverso i boschi, le montagne e le rocce che separano i due golfi. Era la fine di ottobre: la varietà delle foglie d’autunno era ancora più sorprendente e più viva sotto questa bella luce. Una delle montagne della penisola, il monte Sant’Angelo, la più elevata dei dintorni di Napoli, è l’antico Lactarius, vera montagna svizzera dell’antichità, che ha conservato le sue aromatiche erbe; anche, indipendentemente dalla bontà del loro latte, le mucche di questa costa se le mangiano, e la vitella di Sorrento, le cui bistecche assaggiai da Giuseppe Siciliano, è molto tenera.

     Alla vista della costa di Amalfi, non potetti difendermi da un vivo sentimento di ammirazione per l’Italia: era su queste rocce che erano state trovate le Pandette, che la bussola fu inventata, e che nacque Masaniello; così mi apparivano al di sotto di questo villaggio le cause più rilevanti della civilizzazione e delle rivoluzioni moderne, le leggi, la navigazione, la sovranità del popolo: quale città dell’universo somiglia di tali ricordi?

     Amalfi, l’Atene del medioevo, fu un tempo una potente repubblica per le sue armi e il suo commercio; i suoi negozianti i primi che avevano ottenuto accesso nei paesi musulmani; e le sue leggi marittime, la celebre Tavola Amalfitana, oggi persa, furono per quattro secoli, secondo le diverse storie, ad eccezione di quella di M. Pardessus, quelle di tutta l’Europa. Questa illustre città non è che un molto pittoresco villaggio, famoso per i suoi maccaroni, i migliori del regno, e per le sue cartiere. La costa scoscesa di Amalfi, con i suoi boschi di ulivi e mirti, le sue grotte, i suoi resti, i suoi precipizi e le sue bianche case, intorno le quali serpeggiano i rami dorati degli aranci, merita l’elogio che ne fece Boccaccio quando la definì la più deliziosa dell’Italia.

     Bisogna che il mare abbia sconfinato là considerevolmente dalle sue rive; la montagna, il villaggio, toccano quasi il torrente; il greto, stretto, non offre che qualche barca di pescatori, e lo spazio manca oggi per l’arsenale, il porto e gli altri stabilimenti di un popolo navigatore e guerriero. La sola traccia di magnificenza dell’antica Amalfi è la cattedrale, rifatta, in verità, ma che conserva delle belle colonne di granito, un vaso antico di porfido che serve da battistero, e due sarcofagi antichi.

     Il piccolo villaggio di Atrani.



     Patria di Masaniello, antica dipendenza di Amalfi, e che ha condiviso la sua gloria, offre un monumento molto curioso, scappato alle diverse storie dell’arte: sono i bassorilievi delle porte di bronzo della chiesa di San Salvatore, con l’iscrizione dell’anno 1087, epoca della grandezza della repubblica di Amalfi. Queste porte ordinate da Pantaleone, figlio di Pantaleone Viaretta, per il riscatto della sua anima (pro mercede anime sue), e consacrate a San Sebastiano, sono oggi le più antiche delle numerose porte in bronzo d’Italia, da quando l’incendio di San Paolo fuori le mura ha distrutto le porte di questa basilica, fuse nel 1070 a Costantinopoli.

     A Ravello, presso Amalfi, la chiesa ha conservato come le chiese di San Clemente e San Lorenzo fuori le mura di Roma, la struttura caratteristica e le tribune delle basiliche dell’antichità,  nuovo e grande contrasto buttato su questa bella riva.

      Contavo visitare, al mio ritorno, le poetiche isole delle Sirene (Galli); ma ne fui respinto da un tempo terribile, e non potetti osservarle che dalle altezze della piccola Positano, nella quale i miei marinai, mondati di torrenti di pioggia, furono costretti, malgrado il loro ardore, a rifugiarsi.