Itinerari Nascosti di Maiori


Menù di navigazione:


Badia Santa Maria de Olearia

Il complesso monastico, di origine medievale, è incastonato presso una grotta lungo l’attuale Statale della Costiera, a circa km 4 da Maiori, presso la punta di Capodorso, in una zona ricca un tempo di insediamenti rupestri (di cui è l’unico sopravvissuto), i quali, in origine, venivano raggiunti solo dal mare e dalle cime dei monti soprastanti. Secondo la leggenda fu fondata sullo scorcio del sec. X da un tale Pietro, cui si associò il nipote Giovanni; tra i documenti certi, una lastra tombale, databile tra XI e XII secolo, menziona l’abate Tauro quale edificatore del complesso, e la data 1110 sulla facciata della chiesa maggiore. Nel 1088 il monastero fu concesso all’Abbazia della SS. Trinità di Cava de’ Tirreni da Ruggiero duca di Calabria, la quale concessione fu confermata da Urbano II in occasione della consacrazione della Basilica di quella celebre abbazia. Nel 1580 venne soppressa e le rendite passarono al Capitolo di Amalfi che ne godette fino alle leggi eversive del 1866, quando il complesso fu riscoperto e messo in risalto per i notevoli dipinti, tra i più antichi e significativi cicli di affreschi medievali della Costa d’Amalfi (del monastero, trasformato in case coloniche, non restano tracce significative nelle abitazioni poste a ridosso delle chiese).

Attualmente si accede al complesso da una scala aperta che raggiunge dapprima il livello inferiore, dove è visibile una parete che reca tre affreschi: il primo, a destra, reca la Vergine orante con Santi e un giovane offerente con la barba che reca un modellino di chiesa, riconosciuto come Giovanni; a sinistra, si vedono due absidi con Santi, Cristo e Angeli. Salendo si giunge al piazzale con, al centro, la cappella maggiore, sulla cui facciata restano tracce di affreschi con la data 1110 sotto le scialbature volute da un vescovo amalfitano di età moderna. La cappella reca un ciclo di affreschi cristologici da datare tra XII e XIII secolo (sulla parete dell’altare centrale, tracce di dipinti cinquecenteschi). Sullo spiazzo una bifora, presso cui è la lastra tombale di Tauro, si apre sulla scala che conduce alla piccola cappella votiva di S. Nicola, posta a ridosso della chiesa maggiore, nell’incavo della grotta. La cappellina è interamente dipinta con storie di S. Nicola, la cui datazione deve risalire al XII secolo e recano graffiti di devoti maioresi che si affidano al miracoloso santo per le loro imprese marinaresche, rivelando un culto ininterrotto dal XV al XIX secolo.