Karl Friedrich Schinkel (1824)


 

 

Karl Friedrich Schinkel (1781-1841)

      Karl Friedrich Schinkel (1781-1841), il principale architetto neoclassico tedesco, visitò il nostro Paese nel 1824 per sei mesi. Schinkel e i suoi accompagnatori, partiti da Napoli, avevano visitato Paestum (il viaggio da Napoli ad Eboli con il vetturino durava tutto un giorno); al ritorno viene organizzata una gita in barca da Salerno ad Amalfi. Il diario di Schinkel racconta di questa gita avvenuta il 12 settembre 1824. A Schinkel città e paesaggio appaiono soprattutto seltsam (strani) e sondebar (insoliti). L’occhio del pittore ed architetto qui non ritrova le tradizionali immagini del paesaggio e dell’architettura italiana. In un panorama nel quale grotte, scogliere e cascate confluiscono in una bizzarra architettura, Schinkel descrive in fondo un paesaggio romantico. Anche  Muhlenwerke (mulini) e Fabriken (fabbriche) che colpivano l’occhio dell’architetto prussiano, contribuivano a sottolineare l’esotismo della immagine.

 
     

     Alle 4 di mattina [del 12 settembre 1824] la barca con quattro rematori e un timoniere era pronta… Appena si raggiunge il golfo di Amalfi il paesaggio diventa sempre più romantico. Sopra, nelle grotte si vedono edifici, tra i quali anche una fabbrica… Arrivando ora all’angolo sporgente, dove è costruita la fortezza, si vede Amalfi sull’angolo di montagne costruita in maniera stranissima.



     Nel mezzo della parete di rocce si trova, davanti ad una grande grotta, il convento dei Cappuccini, e da lì si ergono singoli edifici lungo il promontorio fino alla punta delle montagne, alte per lo meno 4.000 piedi. Tutti gli edifici stanno lì come piccoli punti, e solo la città rappresenta una massa più grande. Dietro la città la vista giunge fin sopra le montagne e si vede la gola coperta il verde, ricca di grotte e di rocce. Sbarchiamo in questo luogo strano, ma pieno di vita: il mercato era affollato e la gente si raccolse subito intorno a noi, perché sono pochi gli stranieri che giungono in questo luogo.

 

La cattedrale si trova al di sopra del mercato e vi si accede mediante una scalinata con meno di 60 gradini e lunga 30 piedi; lassù si entra in una specie di strano anteportico fatto di colonne di stile antico con archi tondi e gotici. Da lì la vista sulla città e sulle rocce che la sovrastano è fantastica. Una parte della chiesa è antica, in particolare un pulpito su quattro colonne e alcune vecchie colonne; per il resto è stata tutta rinnovata.


    Dalla chiesa andammo di nuovo giù nella piazza e seguimmo la strada principale che porta verso la gola. Questa strada assume subito un carattere del tutto insolito; essa  si chiude e si cammina sotto archi e volte che vengono incrociati da vie che portano da una parte all’altra della valle; poi si salgono ancora delle scale. Ai lati si incontrano spesso delle rocce, dentro le quali si vedono diversi piccoli incavi verdi, nei quali sono cavate delle vasche per lavare; in questi incavi scorre chiara acqua di montagna e lì vengono sempre a lavare molte donne della città. Mulini con relative condutture d’acqua (tutte coperta d’erba rigogliosa, come in Svizzera) sorgono lungo il pendio sotto la roccia, che s’inarca come una grotta, o sono aderenti alla parete della roccia. La strada sale a gradini accanto a letti di fiume cinti da muri, in cui spesso rumoreggiano cascate di acqua. I letti dei fiumi sono spesso coperti da larghi pergolati di vite e vi si trova ogni sorta di bei sedili e giardinetti. E così va avanti, e l’abbondanza di punti pittoreschi non lascia respiro. All’ultimo angolo la valle sembra essere chiusa da un altro edificio a più piani di una fabbrica, dove si produce carta. Ma in realtà la valle continua e porta a pittoresche ferriere, che non abbiamo potuto raggiungere per la brevità del tempo. Al ritorno prendemmo una piccola strada , posta più in alto e coperta da pergolati di vite; da essa si possono vedere da entrambi i lati i due muri di sassi, tra i quali si schiude la città, il mare sullo sfondo e, al di là, la costa di Paestum. Dopo aver comprato dell’uva squisita e del pane al mercato, arrivammo davanti ad una cantina, dove bevemmo del vino, mentre metà della città si accalcava intorno a noi; potevamo scacciare i curiosi soltanto se questo o quello dei pittori cominciava a disegnarli: infatti per superstizione pensano che si muore se si viene ritratti.

Io feci lo schizzo della costa ai piedi del castello  e salii con Catel ad Atrani, dove la nostra barca ci aspettava, per riportarci a Salerno. Lì pranzammo e poi tornammo a Napoli.