Manuel de Castro (1604)

 

Il soldato spagnolo Manuel de Castro (1604)

     Manuel de Castro è un semplice soldato delle truppe spagnole e come tanti suoi commilitoni, pur non essendo un Cervantes, ha lasciato un diario della sua vita militare pubblicato nel secolo scorso, Vida del soldato espanol Manuel De Castro 1593-1611, e reso noto in Italia, per la parte che interessa il suo passaggio nella provincia di Salerno, da Raffaele Guariglia, ambasciatore e studioso salernitano, che ne ha curato la traduzione, nel 1945.

 
     

A Prajano 5 dicembre 1604. Vi restammo sei giorni e poi andammo ad Agerola che sta in cima alla montagna, lontana otto miglia. Vi faceva un bel fredduccio, e v’era molta neve: tutto il rigore dell’inverno. Di là andammo ad Amalfi, una città nella stessa costa chiamata con questo nome, a quindici miglia da Agerola in riva al mare, ed essa e tutta la regione molto fertili, e tutto vi è in abbondanza, particolarmente i giardini e i frutti. In questa città vi è il corpo di Sant’Andrea apostolo nella chiesa cattedrale sotto l’altare maggiore in una cappelletta molto oscura nella quale vi è una lampada sopra il corpo del Santo e sopra la lampada il soffitto che è poi il pavimento della chiesa. Sotto l’altare maggiore v’è una finestrella con grata attraverso la quale si vede un po’ del Corpo Santo, cioè il ginocchio destro da cui scorre continuamente un liquore che si raccoglie in un vasetto di argento posto al di sotto, e se ne riempiono delle bottigline che servono come medicina miracolosa per qualsiasi male o infermità o dolore, se si ricevono e si adoperano con devozione. Quel vasetto o piattino in cui cade il detto liquore sta sempre pieno quantunque se ne renda molta quantità ogni giorno, e, se invece non se ne prende nulla, giammai si versa per pieno che sia, e sempre scorre, ciò che è un grande ed evidente miracolo.

Qui stemmo dal 18 dicembre fino al 22 gennaio. Davano cinque carlini per ogni due soldati e casa vuota e il fornello per cucinare. Qui come il commissario Mattia del Salto voleva limitare all’estremo l’alloggiamento dei soldati vi furono questioni fra lui e il capitano, tanto che questi lo avrebbe maltrattato se non glielo avesse impedito il Governatore della città. Qui venne parte della compagnia del capitano Giovanni di Molina, e fu riorganizzata ed aggregata a questa. Giunsero anche provviste di vestiti e di spade per quelli della compagnia di Antonio del Haya, poiché quelli di Molina già lì li avevano da Napoli.


    Di qui andammo alla Cava in transito, sbarcammo a Vietri dove stavano alloggiati dodici soldati della stessa compagnia con a capo Giovanni di Molina e fummo alla Cava, a due miglia da Vietri, dove avemmo il passaggio quella notte dodici reali per quartiere e letti per alcuni altri.

 

Benché per tutti gli altri quella terra provveda a letti in fondaci e magazzini ad otto carlini ogni letto, il capitano ordinò così perché quel luogo consiste di una sola ma molto lunga strada tutta piena di botteghe, e, pur essendovi delle case, poca gente vi abita giacché hanno altre case con masserie lì nei dintorni alla distanza di un miglio o ad un tiro d’archibugio fra boschi vigne in terre piene di pioppi, lungo i quali sorgono le viti arrampicandosi e sostenendosi, e di questa stessa specie sono le vigne in Terra di Lavoro. Ma i detti pioppi sono piantati con sì grande bellezza, tutti dritti e in fila molto lunghe, che formano veramente una vista molto gradevole, e così dico della Cava dove la maggior parte o tutti gli abitanti hanno le loro case alquanto appartate dal centro fra queste vigne e selve. Qui si fabbricano molte calze di seta ed altre sete molto buone, e tele di sottile e bianco lino giacché vi sono molto buoni apparecchi tanto per stendere che per imbiancare. Vi sono molte buone acque, pane, vino e tutti gli altri approvvigionamenti, particolarmente il pane è come neve è molto saporoso. La gente del luogo, così vecchi e giovani come anche ragazzi, dagli otto anni in su, tutti usano portare dei bastoni in mano, e l’uso è tanto generale che quasi lo considerano come legge o privilegio inviolabile. Questo luogo comprende nella sua giurisdizione duecentodiciannove casali e villaggi, il più distante lontano quattro miglia.

Partimmo di qui, e, con una pioggia che pareva sì sprofondasse il mondo, giungemmo il giorno seguente a San Giorgio, casale di San Severino, dove restammo quella notte non troppo bene, essendo un casale povero, di pochi abitanti con le case lontane due miglia l’una dall’altra”.